Vangelo 16 ottobre

Luca 11, 47-54
47 Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. 48 Così voi date
testimonianza e approvazione alle opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite loro i
sepolcri. 49 Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli ed essi li
uccideranno e perseguiteranno; 50 perché sia chiesto conto a questa generazione del sangue di tutti i
profeti, versato fin dall’inizio del mondo, 51 dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria, che fu
ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione. 52 Guai a
voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che
volevano entrare l’avete impedito». 53 Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a
trattarlo ostilmente e a farlo parlare su molti argomenti, 54 tendendogli insidie, per sorprenderlo in
qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.

Ascoltiamo la Parola
Colpisce molto l’accusa fatta da Gesù di portare via la «chiave della conoscenza». Cosa significa
esattamente? Nella lettera agli Efesini Paolo scrive che Dio ci fa conoscere «il mistero della sua
volontà», cioè «ricondurre al Cristo […] tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra» (Ef. 1,10).
La «conoscenza» che ci viene donata non è quindi una nozione, un teorema dimostrato, nemmeno
una scoperta scientifica. Si tratta di una persona, di nome Gesù. Allora l’accusa di Gesù diviene più
chiara, per me, oggi: in che modo impedisco alle persone che incontro di incontrare il Signore? In
quale misura mi illudo di appropriarmi della «chiave della conoscenza», cioè della relazione con
questa persona? La testimonianza che diamo come cristiani invita e accoglie, o piuttosto allontana e
rende perplessi? La nostra coerenza personale, il modo con cui sorridiamo al nostro vicino, la
gentilezza con cui ascoltiamo chi ci parla… è questa la primissima «chiave della conoscenza». E’
infatti attraverso queste piccole testimonianze quotidiane che noi permettiamo all’amore – che è
Dio – di farsi strada nella nostra vita. E permettiamo anche, di conseguenza, che questo movimento
si veda all’esterno.

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