Matteo 6, 7-15
7 Nel pregare non usate ripetizioni senza senso come fanno i pagani, i quali pensano d’essere
esauditi per il gran numero delle loro parole. 8 Non siate come loro, poiché il Padre vostro sa le
cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate. 9 Voi dunque pregate così: ‘Padre nostro che
sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; 10 venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra
com’è fatta nel cielo. 11 Dacci oggi il nostro pane quotidiano, 12 e rimettici i nostri debiti come
anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori 13 e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal
maligno’. 14 Poiché, se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà
anche a voi, 15 ma, se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre
colpe.
Ascoltiamo la Parola
Gesù presenta una preghiera completamente diversa da molte nostre abituali: il rapporto del figlio
con il Padre suo. Nella sua stessa definizione, il “padre” è in relazione al “figlio” e viceversa.
Entrambi costruiscono reciprocamente la propria identità: il figlio lo diventa grazie al padre, e il
padre è “padre” solo nella misura in cui ha un figlio. La preghiera è quindi la porta d’accesso a
questa relazione essenziale del nostro essere che ci definisce nel profondo di noi stessi. È il punto di
contatto con la nostra origine, con il senso della nostra esistenza. E, per questo, è anche una lode a
Dio perché lo riconosce nel suo essere Padre. Il padre è anche, per definizione, colui che dona
gratuitamente. Poiché la vita ci è stata offerta senza alcun merito da parte nostra, senza un’azione
buona che potesse provocarla, non era dovuta a noi! La preghiera quindi non può essere un dare e
avere , ma semplicemente riconosce la bontà di Dio che precede i nostri desideri.