Vangelo 7 marzo

Matteo 9, 14-15
14 Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: “Perché noi e i farisei digiuniamo
e i tuoi discepoli non digiunano?”. 15 Gesù disse loro: “Gli amici dello sposo possono fare
cordoglio finché lo sposo è con loro? Ma verranno i giorni che lo sposo sarà loro tolto e allora
digiuneranno.

Ascoltiamo la Parola
Vediamo i discepoli di Giovanni che si stupiscono perché i discepoli di Gesù non digiunano come
loro. Non si trattava del digiuno obbligatorio prescritto dalla legge ma del digiuno settimanale
consigliato a chi lo desiderava; questa pratica era molto diffusa tra i farisei. Gesù non condanna il
digiuno e i suoi benefici spirituali – egli stesso lo praticò per quaranta giorni nel deserto – ma
vuole dimostrare che il digiuno fine a se stesso non ha alcun significato, poiché non trova in lui la
sua fonte. Se si pratica il digiuno, esso deve essere accompagnato dalla preghiera e da atti di
misericordia: la realtà piena del digiuno è il segno esteriore di una realtà interiore, del nostro
impegno, con l’aiuto di Dio, ad astenerci dal male e a vivere il Vangelo. Nessuno digiuna
veramente se non sa nutrirsi della Parola di Dio. Che senso ha il digiuno se poi sono di cattivo
umore e mi lamento contro tutti o se penso di essere superiore agli altri perché lo pratico due volte
a settimana! Ricordiamo allora queste parole del Signore ai farisei :“Andate e imparate cosa
significa: voglio misericordia, non sacrificio.  » (Mt 9,13)

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