Vangelo 11 febbraio

Dal Vangelo di Marco (7,31-37)

Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di
Galilea in pieno territorio della Decàpoli. E gli condussero un sordomuto,
pregandolo di imporgli la mano. E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli
pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi
verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». E subito gli si
aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava
correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo
raccomandava, più essi ne parlavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto
bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Come vivere questa Parola?

Gesù incontra il sordomuto, che non si è presentato lui stesso, ma altre
persone l’hanno condotto da lui. Amici, forse, o famigliari che sono convinti di
non poter fare nulla da se stessi per risolvere la sua menomazione. Gesù lo
accoglie, lo porta in disparte, come per mostragli più intensamente la sua
compassione attraverso un sospiro. Da questo incontro nasce anche per tante
persone la fede, che li spinge ad annunciare. Il cammino dell’evangelizzazione,
anche oggi, non consiste tanto nell’affannosa ricerca di nuove metodologie,
quanto nel condurre, attraverso la nostra testimonianza di vita, le persone a
Gesù, che parlerà al loro cuore, guarendo la sordità dello spirito e il mutismo
delle opere buone.

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