Vangelo 16 febbraio

Dal Vangelo di Marco (8,22-26)

Giunsero a Betsàida, dove gli condussero un cieco pregandolo di toccarlo. Allora
preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della
saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quegli, alzando
gli occhi, disse: «Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che
camminano». Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide
chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa. E lo rimandò a casa
dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».

Come vivere questa Parola?

L’uso della saliva può sembrarci disgustoso, viste le moderne norme igieniche.
Nell’antichità si credeva che la saliva avesse proprietà curative: Gesù quindi lo usa
come altri guaritori del suo tempo, ma dona a questo gesto un’efficacia miracolosa.
È curioso notare che opera questa cura in due fasi: al primo contatto il cieco apre
bene gli occhi, ma la sua vista resta offuscata, perché per lui, le persone sono come
alberi che camminano. Gesù deve quindi rimettersi le mani sugli occhi e questa
volta l’uomo vede chiaramente.  Gesù aveva appena rimproverato i discepoli,
citando i profeti Geremia ed Ezechiele : “Voi avete occhi, ma non vedete”. Dopo la
guarigione del cieco, Marco pone la professione di fede di Pietro: “E tu, chi dici che
io sia?” Pietro risponde: “Tu sei il Cristo”. Il racconto della guarigione del cieco
funge dunque da svolta nella fede dei discepoli. Parla dello sforzo che Gesù deve
fare per aprire gli occhi dei suoi discepoli perché vedano chiaramente e capiscano
chi è. Lo scopo del racconto è quindi che tutti, anche noi lettori, possano vedere e
comprendere l’identità di Gesù.

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