Dal Vangelo di Matteo (9, 14-17)
4 Allora gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i
farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 15 E
Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo
sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora
digiuneranno. 16 Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio,
perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa
peggiore. 17 Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri
e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi,
e così l’uno e gli altri si conservano».
Come vivere questa Parola?
Accusano i discepoli di Gesù di non digiunare. La risposta è significativa: Gesù
inaugura il tempo messianico – il tempo delle nozze, già prefigurato dai profeti,
– che è tempo di gioia. I discepoli non digiunano, perché Cristo è con loro.
Questo è per il presente, ma per il futuro Gesù prevede che “verranno però
giorni nei quali lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno”. Afflizione e
digiuno vanno di pari passo, e la pratica ascetica del digiunare caratterizzerà i
giorni nei quali “lo sposo sarà tolto”. Per il tempo che corre tra il momento in
cui lo sposo ci viene tolto e il suo ritorno, il digiuno acquista un nuovo
significato: non è soltanto pratica di penitenza, è attesa, disponibilità per un
più significativo incontro. Così ci sentiamo otri nuovi perché, evidentemente, la
gioia del Vangelo è già in noi e in questo senso dobbiamo essere novità per
l’ambiente in cui viviamo. E ci sentiamo contemporaneamente otri ancora
vecchi – atteggiamento di penitenza – perché nessuno di noi può dire di essere
già stato completamente raggiunto dal Vangelo. Nessuno come il cristiano
deve continuamente vivere in questi due ruoli: un evangelizzato che
evangelizza, e nel medesimo tempo un uomo ancora da evangelizzare.