Apriti Marzo

Carissimi sorelle e fratelli parrocchiani.
Chiunque viva un rapporto di amore o di amicizia significativo, sperimenta periodi di grande comunione ed intensità, ma contestualmente anche momenti in cui sembra si crei una certa lontananza. Le cause possono essere diverse: a volte è la frenesia della vita stessa che ci porta ad essere distanti e distratti, oppure una qualche difficoltà personale vissuta da uno dei due partner per qualche ragione non espressa e non condivisa… Resta comunque il fatto che la sensazione che si prova in quel momento è di grande disagio e lontananza.

Di colpo ci sembra che la persona più importante per noi diventi quasi indifferente ed estranea, e questo pensiero non fa che alimentare silenzi pieni di parole non dette e richieste mai formulate. Potrebbero passare i giorni, le settimane senza che niente succeda, finché ecco, che uno dei due, decide di prendere in mano la situazione: è colui che è forse il più sensibile e attento, ma credo anche colui che tra i due ha più a cuore quella relazione, perché in essa ha investito maggiormente o perché semplicemente ama l’altro con un pizzico di generosità in più… che si domanda: come fare a rompere il silenzio, la distanza che si è creata con la persona amata? “Dobbiamo parlare!”, pensa, e per fare ciò, la prima cosa è prendersi un tempo da passare lontano dalla quotidianità, da soli, magari un fine settimana o anche solo una giornata, dove potersi sedere l’uno di fronte all’altro e aprire il cuore e raccontarsi” cercando di capire insieme cos’è successo, con l’intento di andare oltre, recuperando quell’intimità e complicità perdute, e da qui poi, ricominciare!

Partendo da queste riflessioni molto esistenziali, mi piace pensare allora a questo tempo di Quaresima nel quale siamo entrati già da qualche giorno, come il momento in cui il Signore dice a ciascuno di noi: “Dobbiamo parlare…!”, perché desidera con tutto se stesso riportarci a Lui facendoci vivere un nuova ed intensa intimità, restando a “tu per tu” con ciascuno di noi. Mi viene in aiuto a riguardo il profeta Osea: egli vive nella sua carne l’esperienza di un matrimonio infelice e tradito ed ha la commuovente intuizione di paragonare l’alleanza tra Israele e il suo Dio, ad un patto nuziale. Nonostante Israele sia un popolo assolutamente infedele ed inaffidabile, come una sposa adultera che abbandona il marito per seguire altri uomini, Jahvè continua ad amarla e a rimanerle fedele, mosso da viscere di compassione e misericordia e anzi, progetta di sedurla nuovamente e riconquistarne il cuore. “Perciò ecco, l’attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore”… ( Os, 2,16.).
La Quaresima è allora proprio questo tempo di deserto in cui il Signore ci chiama ed entrare per lasciarci attrarre e sedurre dal Suo amore tenero e misericordioso. Ma come farà il nostro Amato ad attirarci a Lui?

La Chiesa ci offre degli strumenti per sentire l’invito e accoglierlo: la Preghiera fondata sull’ascolto della Parola, il digiuno e i gesti di carità. Con il digiuno, potremmo predisporci all’incontro e al dialogo, togliendo tutto quello che ci appesantisce dentro, che ci rende addormentati o distratti impedendoci di andare al nostro centro, di metterci in ascolto del nostro cuore profondo, dove siamo veramente noi stessi e dove Dio, nostro unico e vero bene, vuole venire a parlarci. Nell’ascolto della Parola, poi, il Signore potrà sedurci come fa un innamorato quando vuole riaccendere di passione il cuore dell’amata e attraverso la Preghiera, noi potremmo rispondere al suo corteggiamento, sussurrando quello che abbiamo nel cuore, confidandogli i nostri più profondi segreti sapendo che Lui ci ascolta e ci capisce. Infine, la Carità sarà la risposta di chi si sente così immensamente amato da ricambiare con gesti ed atteggiamenti lo stesso sentimento nei confronti dei fratelli, soprattutto quelli che vivono situazioni di disagio e sofferenza e che rendono ancor più visibile e presente il volto di Gesù.

Auguro allora a tutti noi, in questo tempo favorevole che la Chiesa ci offre, di voler davvero “prendere in mano la nostra vita” e desiderare, anzi decidere di ritornare al Signore, gustando pienamente il potere e la dolcezza della comunione con Lui, scoprendo “uno sguardo che ci scruta nel profondo e può rianimare ciascuno di noi“ (Benedetto XVI). Concludo ricordandovi la prossima Festa patronale dedicata al nostro santo Patrono San Giuseppe, di cui siete particolarmente devoti. Attraverso i momenti di preghiera e di festa cercheremo di vivere un tempo proficuo di grazia e di fraternità, rinsaldando i vincoli umani e cristiani che ci uniscono gli uni gli altri, ringraziando il Signore per i doni della fede e della speranza, dell’amore e della misericordia che ci sostengono nella testimonianza quotidiana, ma soprattutto invocando, con l’intercessione del nostro San Giuseppe, tanta forza di perseveranza e di rinnovamento dentro questo tempo, comunque e nonostante tutto, significativo.
Questa festa ci dia l’occasione di far tesoro dell’esempio di San Giuseppe che si prese cura del Bambino Gesù e della Vergine Maria, perché nelle nostre famiglie ci sentiamo spronati alla generosità e al servizio, e non schiacciati o chiusi nel nostro individualismo. Vi auguro una forte esperienza di fede e di gioia, accompagnati da san Giuseppe nostro Patrono che celebriamo e preghiamo.

Don Tommaso

 

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