Dal Vangelo di Giovanni (14, 27-31)
27 Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il
vostro cuore e non abbia timore. 28 Avete udito che vi ho detto: «Vado e tornerò da voi». Se mi
amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29 Ve l’ho detto ora,
prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. 30 Non parlerò più a lungo con voi, perché
viene il principe del mondo; contro di me non può nulla, 31 ma bisogna che il mondo sappia che io
amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco. Alzatevi, andiamo via di qui».
Ascoltiamo la Parola
Il discorso di addio di Gesù ai suoi discepoli include un dono di pace. La pace (Shalom) è il solito
saluto e addio ebraico e Gesù lo usa quando appare ai suoi discepoli dopo la
risurrezione. Originariamente questa parola significava la salute del corpo, ma venne a significare la
perfetta felicità e liberazione che il Messia avrebbe dovuto portare. Questa pienezza è la meta della
missione di Gesù. Ma non si tratta di pace come la concepisce il “mondo”. Per Gesù, la pace non è
semplicemente assenza di violenza. È qualcosa di molto più positivo, molto più
profondo. Paradossalmente può coesistere con periodi di grande tumulto. È qualcosa di interno, non
esterno. Nasce da un interiore senso di sicurezza, dalla convinzione che Dio è con noi e in noi e che
siamo nel posto giusto. È qualcosa che nemmeno la minaccia di morte può togliere.