Vangelo 12 marzo

Giovanni 5, 1-16
1  Dopo questi fatti, ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.  2 A Gerusalemme,
presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici,  3 sotto
i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. [  4 ]  5 Si trovava lì un uomo che
da trentotto anni era malato.  6 Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli
disse: «Vuoi guarire?».  7 Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella
piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me».  8 Gesù
gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina».  9a E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua
barella e cominciò a camminare. 9 b Quel giorno però era un sabato.  10 Dissero dunque i Giudei
all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella».  11 Ma egli rispose
loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: «Prendi la tua barella e cammina»».  12 Gli domandarono
allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: «Prendi e cammina»?».  13 Ma colui che era stato guarito non
sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.  14 Poco dopo Gesù
lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa
di peggio».  15 Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo.  16 Per questo i
Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.


Ascoltiamo la Parola
Nel vangelo di oggi incontriamo un paralitico. Parlando con Gesù emerge una cecità del cuore. Il
paralitico non risponde logicamente alla domanda di Gesù “vuoi guarire?”. Non dice “sì” o “no”,
ma adduce subito una scusa, evitando la risposta: “non ho nessuno che mi immerga nella piscina”.
Egli ha una “speranza cieca”, o, meglio una “speranza accecata”: non ci crede più, non aspira a
essere guarito. Sperare non è facile. Le energie se ne vanno velocemente, soprattutto in questo
periodo: abbattersi è molto facile. Siamo tentati a lasciare che il nostro cuore diventi cieco. Spesso
abbiamo paura della chiarezza, della semplicità, del silenzio, perché portano elementi
destabilizzanti nella nostra vita. Ma in realtà portano anche respiro nuovo alla nostra fragile
speranza. Se prendiamo il coraggio di guardare alle nostre ferite e alla nostra fragilità, potremmo
alzare lo sguardo verso quel Samaritano che sta passando, che ci indica i piccoli segni d’amore a cui
fare attenzione. E allora daremo respiro alla speranza.

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