Vangelo 27 marzo

Matteo 26, 14-25
14 Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti  15 e disse: «Quanto
volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento.  16 Da quel
momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo. 17 Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si
avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la
Pasqua?».  18 Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: «Il Maestro dice: Il mio tempo è
vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli»».  19 I discepoli fecero come aveva loro ordinato
Gesù, e prepararono la Pasqua. 20 Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici.  21 Mentre mangiavano,
disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».  22 Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono
ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?».  23 Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me
la mano nel piatto, è quello che mi tradirà.  24 Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma
guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse
mai nato!».  25 Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».


Ascoltiamo la Parola
Giuda è un discepolo confuso e disorientato. Sembra anche un po’ schiavo del denaro, perché non è
pensabile di barattare un amico e un maestro per trenta miseri pezzi d’argento. La sua non è una
mossa di un cattivo, ma di un disperato. Quando Gesù dice “meglio per quell’uomo se non fosse
mai nato, ci sta aiutando a entrare nell’interiorità di Giuda. Perché questo è quello che pensa Giuda
stesso. Giuda è tentato di credere che la vita sia una condanna. Percependosi schiavo della propria
pancia e dei propri desideri insaziabili, ha capito che non ha mai chiesto di venire al mondo. E a
questo punto ci sono due opzioni: o la vita è un dono, o è una condanna. Queste, infatti, sono le
uniche cose che non chiediamo e che ci vengono dall’esterno. La disperazione di Giuda viene da
qui, dal sottile pensiero che la vita sia una condanna, un peso a cui è legato. Allora le parole di Gesù
sono il tentativo di toccare il cuore del discepolo. Anche qui Gesù non pensa a se stesso, ma a
sanare e guarire le ferite dentro le persone che ha davanti. .Prima di tutto, Gesù ci insegna a
guardare nei cuori, anche quando ci vorremmo tenere a distanza dalle loro ferite e dal loro dolore.

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