Giovanni 14, 27-31a
27 Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il
vostro cuore e non abbia timore. 28 Avete udito che vi ho detto: «Vado e tornerò da voi». Se mi
amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29 Ve l’ho detto ora,
prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. 30 Non parlerò più a lungo con voi, perché
viene il principe del mondo; contro di me non può nulla, 31 ma bisogna che il mondo sappia che io
amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco.
Ascoltiamo la Parola
Nel vangelo di oggi leggiamo che anche il “principe del mondo” dà la “pace”. Ma questa pace per
chi è? E’ semplicemente la pace-per-me. Va a braccetto con la chiusura, la tranquillità,
l’indifferenza. Questa pace è frutto di violenza, forse non fisica, ma morale e spirituale: io (la mia
famiglia/il mio popolo/il mio continente) devo stare bene! E’ tutt’altra cosa rispetto alla pace come
la dà Gesù. Egli non prende in giro nessuno: la vita è faticosa. Di fronte all’imminenza della croce,
Gesù non ci illude: non possiamo vivere senza incontrare il male, nostro e altrui. La pace di Gesù
non è semplicemente “serenità”. Essa, anzi, può manifestarsi con agitazione, inquietudine,
preoccupazione, ma nel suo cuore pulsante vi è l’affidamento, il legame indissolubile e irreversibile
con quel fratello che ci mostra il padre: Gesù di Nazaret, detto Cristo. Da questa consapevolezza
nasce l’empatia, la prossimità a chi fa più fatica, perché è, come me, come tutti, alle prese con il
mistero del dolore e del non senso.