Giovanni 16, 5-11
5 Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: «Dove vai?». 6 Anzi,
perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. 7 Ma io vi dico la verità: è bene per
voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne
vado, lo manderò a voi. 8 E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato,
alla giustizia e al giudizio. 9 Riguardo al peccato, perché non credono in me; 10 riguardo alla giustizia,
perché vado al Padre e non mi vedrete più; 11 riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo
è già condannato.
Ascoltiamo la Parola
Il Signore bussa alla nostra porta per poter entrare. Chissà quante volte avrà trovato chiuso. Chissà
quante volte avrà sentito dire: “Non c’è nessuno”. Chissà quante volte avrà dovuto aspettare anche
un piccolo rumore che annunciasse l’arrivo di qualcuno che aprisse l’uscio. Il Signore bussa. Non
forza la mano. Aspetta. Non è invadente. Avanza solo secondo la nostra volontà. Occupa lo spazio
che gli diamo. E poi non rimane, ingombrante. Non è asfissiante. Si fa da parte per non toglierci la
libertà di sbagliare. Se ne va per farci crescere. Questa è una regola sana per ogni maturità.
Abbiamo sostituito la paternità con il paternalismo. La cura con l’ossessione e l’ansia. La fiducia e
l’incoraggiamento con la paura. Il lasciare provare con il “non ti preoccupare faccio io”. Le
relazioni sono spesso appiccicaticce, siamo legati gli uni agli altri a ventosa, abbiamo perso il senso
della misura e non conosciamo più la distanza di sicurezza. Stiamo addosso gli uni agli altri e fanno
fatica a camminare quelli che portano questo peso, esagerato di attenzioni. Gesù va via. Lascia
spazio a un altro tempo e a un’altra Persona. È umile perché non schiaccia con la sua grandezza.
Come il Battista fa spazio a Gesù, Gesù ora fa spazio al Paràclito.