Vangelo 8 giugno

Luca 2, 41-51
41 I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua.  42 Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa.  43 Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.  44 Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti;  45 non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.  46 Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava.  47 E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.  48 Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».  49 Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».  50 Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. 51 Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.

Ascoltiamo la Parola
Il brano di oggi ci dice come Giuseppe sia realmente padre, perché per essere realmente padre è necessario pazientare, aspettare, osservare. Soprattutto, è necessario saper guardare il figlio e dargli la possibilità di essere ciò che sarà. Il padre vero è colui che lo rende libero, colui che, con il suo amore incondizionato, gli dà il diritto di esistere e di crescere. Di più: padre è colui che conferma al figlio, col silenzio o con le parole, che nella vita potrà fare affidamento su di lui e che potrà, al tempo stesso, camminare con le sue gambe. Un vero educatore, questo Giuseppe. Dunque non c’è rivalità tra Dio Padre e Giuseppe papà: quanto più Giuseppe è immagine di Dio, tanto più è vero padre. Anche Giuseppe, oggi, ci mostra il volto di un Dio vicino, che sente pena per i suoi figli dispersi, ma, al tempo stesso, che li rispetta con una delicatezza silenziosa e premurosa, l’unica capace di liberare e far crescere.

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