Matteo 9, 9-13
9 Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse:
«Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. 10 Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti
pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11 Vedendo ciò, i
farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai
peccatori?». 12 Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i
malati. 13 Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono
venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Ascoltiamo la Parola
In fondo, dobbiamo tutti difenderci un po’. Dobbiamo adattarci a un mondo con dei ritmi di lavoro
spesso forsennati, dobbiamo blindarci un po’ di fronte alle tante richieste che ci arrivano da
conoscenti e amici, è necessario che ci alleniamo per fornire le prestazioni che questo mondo
virtuale richiede. Così, è più che normale che ognuno di noi si doti di una agenda interiore, con un
bel libro mastro “dare/avere”, dove segnare i conti, dove annotare il tempo speso e quello
risparmiato, le energie conservate e quelle donate. Ma pian piano, così facendo, diveniamo tutti
piccoli esattori delle imposte, capaci forse di stabilizzare ogni transazione della vita – in termini di
tempo ed energie -, ma un po’ resistenti a ricordarci che siamo anche cuore. In ebraico, “Levi”.
Speriamo che qualcuno, con il suo sguardo di comprensione e di misericordia, cammini ancora
davanti al nostro banco, ci guardi con tenerezza e ci ridoni la memoria: non siamo solo “Matteo
l’esattore delle imposte”, ma siamo anche Levi, cuore capace di dare e ricevere misericordia. Perché
la vita non si misura in debiti e crediti, ma nel desiderio di appartenere a qualcuno, di essere
riempiti di perdono per poterlo donare agli altri a nostra volta.