Giovanni 15, 1-8
1 «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. 2 Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo
toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3 Voi siete già mondi, per la
parola che vi ho annunziato. 4 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se
stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. 5 Io sono la vite, voi i tralci.
Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6 Chi non
rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e
lo bruciano. 7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà
dato. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
Ascoltiamo la Parola
Ciò che ci ha fatto nascere è stato un atto d’amore. Certamente, un amore che ancora bisognoso di
crescere, imperfetto, ferito, parziale… ma pur sempre un atto d’amore. L’amore ci ha preceduto,
l’amore ci ha letteralmente dato la vita. Questa legge dopo la nascita ce la scordiamo, eppure
l’amore resta più grande di noi. Non creiamo noi l’amore, ma siamo creati da esso: così non
dobbiamo impegnarci ad “amare bene”, quanto a restare attaccati bene all’amore. Crediamo che
tutti gli uomini sappiano fare ad amare, mentre invece è l’amore che sa umanizzare tutti. Forse, se
smettessimo di cercare in noi le forze per “essere buoni” – che non abbiamo – incominceremmo ad
abbassare le difese verso ciò che la vera bontà vuole dirci e farci.